Etimologia[modifica | modifica wikitesto]
Il nome del genere (Carduus) deriva dal latino (= “cardo” in italiano) che a sua volta potrebbe derivare da una parola greca il cui significato si avvicina al nostro vocabolo “rapare”; altre ricerche farebbero derivare da un’altra radice, sempre greca, “ardis” (= “punta dello strale”), alludendo alla spinosità delle piante di questo genere.[1]
L’antichità del cardo viene attestata da varie leggende che associano questo fiore al pastore siciliano Dafni, alla cui morte (grazie all’intervento di Pan e Diana), la Terra, piena di dolore, fece nascere una pianta piena di spine, il “cardo” appunto. È da ricordare ancora che nelle tradizioni ariane il cardo era associato al dio Thor (dio della guerra e dei fulmini).[1]
Il nome italiano “Cardo” è generico in quanto nel linguaggio comune si riferisce a diversi generi e specie di piante. Tra i generi che vengono chiamati direttamente “cardo”, oppure hanno una o più specie che comunemente si chiamano con questo nome citiamo: Carduus, Carduncellus, Carlina, Centaurea, Cnicus, Cynara, Echinops, Galactites, Jurinea, Onopordum, Scolymus, Silybum, Tyrimnus, tutti della famiglia delle Asteraceae. Ma anche in altre famiglie abbiamo dei generi con delle specie che volgarmente vengono chiamate “cardi” : il genere Eryngium della famiglia delle Apiaceae o il genere Dipsacus della famiglia delle Dipsacaceae.
Descrizione[modifica | modifica wikitesto]
La forma biologica prevalente è emicriptofita bienne (H bienn): sono piante perennanti per mezzo di gemme poste al suolo con un ciclo di crescita biennale; questo significa che il primo anno si produce al più una bassa rosetta basale di foglie, mentre il secondo anno fiorisce completamente. Tuttavia se il clima è sufficientemente caldo può fiorire già durante il primo anno di vita. Il numero dei capolini per ogni pianta può variare oltre che dalla specie anche dalle caratteristiche del sito in cui si trova la pianta e può andare da 1 a oltre 100. Un’altra forma biologica, per questo genere, è emicriptofita scaposa (H scap), ossia piante perennanti per mezzo di gemme poste al suolo formate da un asse fiorale lungo e con poche foglie.
L’altezza di queste piante nella flora italiana (e anche europea) varia da 1 dm a 15 dm. Nel Nord America un’altezza mediamente alta è di 20 dm, ma in alcuni casi si può arrivare fino a 40 dm.[2]
Fusto[modifica | modifica wikitesto]
Il fusto è eretto (ma esistono specie acauli – senza fusto) ramificato oppure semplice, e a volte è alato con spine; nella parte terminale le foglie possono essere assenti o comunque sono ridotte; spesso si presenta il fenomeno della decorrenza delle foglie lungo il fusto in basso. La dimensione del fusto può andare da pochi centimetri a oltre un metro (nelle zone extraeuropee sono stati riscontrati individui di alcune specie alti diversi metri). La superficie può essere sia tomentosa che glabra.
Foglie[modifica | modifica wikitesto]
Le foglie, sessili (raramente picciolate, spesso decorrenti), sono di forma generalmente lanceolata; la lamina può essere lievemente dentata oppure incisa profondamente in 10 e più lobi; il margine fogliare è quasi sempre spinoso; spini che possono essere morbidi o pungenti e duri; la disposizione delle foglie lungo il fusto è alterna e quelle basali formano una rosetta.
Infiorescenza[modifica | modifica wikitesto]
L’infiorescenza è formata da capolini fiorali (singoli o da 2 a 20) ognuno costituito da numerosi fiori tubulosi, (il tipo ligulato, presente nella maggioranza delle Asteraceae, qui è assente.[3]) Il capolino fiorale è sorretto da un peduncolo nudo o bratteato (con foglioline avvolgenti) oppure alato e spinoso. La parte principale è l’involucro (cilindrico o emisferico o ovoide) circondato da diverse serie (7 – 10 o più) di squame spinose, che a volte divergono dal corpo centrale in modo eretto o patente e a volte sono anche riflesse verso il basso. La forma delle squame è importante come carattere distintivo della specie e può essere lineare, lanceolata o ovata con strozzatura mediana oppure no, ristretta bruscamente con una spina appuntita o rotondeggiante. Il ricettacolo è provvisto di pagliette.[4]